Napodano: il cantante che si definisce “un po’ artista un po’ ratto”
La sua carriera musicale viene stravolta dall’arrivo di due animaletti, due ratti per la precisione, e sono loro ad ispirare Napodano a definirsi “un po’ artista un po’ ratto”. Da questo nascerà il pezzo “Storia di un Ratto” che racconta un po’ di se.
L’otto maggio invece è uscito il nuovo singolo “Maledetti anni 80”, che parla di nostalgia e del rapporto padre-figlio.
Napodano: il cantante che si definisce “un po’ artista un po’ ratto”
La mia carriera musicale è stata stravolta dall’arrivo di due animaletti, due ratti per la precisione, e sono loro ad ispirarmi e a rendermi “un po’ artista un po’ ratto”. Da questo è nato il pezzo “Storia di un Ratto” che racconta un po’ di me. L’8 maggio invece è uscito il nuovo singolo “Maledetti anni 80”, che parla di nostalgia e del rapporto padre-figlio.
Parliamo un po’ di te: come ti sei ritrovato in Belgio?
È stato quasi casuale perché durante una vacanza, grazie alla mia “proverbiale timidezza”, mi sono trovato a suonare in un bar dove ho conosciuto delle persone che poi mi hanno organizzato un concerto pochi mesi dopo… e da cosa nasce cosa, sono già diversi anni che ho i documenti belga!
Com’è vivere la tua vita in un paese straniero? E la tua carriera lì?
Abituarsi non è facile, ed è facile cadere nei paragoni. La mia vita è normale e tranquilla, con la mia casa e la mia famiglia, credo forse come avrei avuto in Italia. Per quanto riguarda la carriera invece, non credo sarebbe stato possibile farlo in madrepatria ed arrivare agli stessi risultati. Vivo di musica e sono un libero professionista come tanti altri, sono considerato un professionista come può esserlo un avvocato, un dentista…
Guadagno esibendomi live, insegno musica sia privatamente che in alcune scuole, fatturo le prestazioni artistiche e didattiche, pago le tasse e ho i miei vantaggi, che mi portano a poter continuare a costruire solidamente il progetto che ho in Italia con la Streetlabel Records. Come dicevo, cerco di prendere il meglio da ogni posto!
Parlami un po’ di te, dove sei nato, cresciuto, se ritornerai mai in Italia.
Sono nato e cresciuto a Roma, con forti radici provenienti dalla costiera amalfitana, da dove viene la mia famiglia paterna. Ho vissuto il periodo che va dalla mia prima infanzia all’adolescenza seguendo mio padre e la sua musica, poi ho preso il largo.
Torno spessissimo in Italia, sia per questioni lavorative che affettive, anche se non credo ci vivrei ancora, non lo so. Purtroppo per questioni sociali ed educative, vorrei che mio figlio vivesse il Belgio e venisse in Italia solo per goderne il meglio, come tra l’altro faccio io.
Poi non si sa mai, magari divento ricco e famoso e me ne vengo ad abitare in un casale immerso nella natura, abbastanza vicino al mare e non troppo lontano dalle montagne…magari!
Com’è iniziata la tua carriera musicale?
La mia carriera musicale non è iniziata, c’è sempre stata, solo che prima lo facevo più come hobby!
Mi spiego meglio: ho cominciato a suonare il piano quando ancora non sapevo leggere, poi in adolescenza sono passato alle tastiere perché facevano più “casino” e io sembravo più figo.
Poi ho viaggiato tanto e tra le tante esperienze musicali mi sono avvicinato agli stili e ai generi più disparati, dal jazz al metal, passando ovviamente per il piano-bar.
Finito il periodo delle sperimentazioni ho deciso di farmi chiamare “professionista” e di vivere soltanto di musica, scrivendo testi, componendo, arrangiando e infine facendo tutto questo solo per me stesso come cantautore. Forse è un modo di dire banale ma a creare una carriera credo sia soprattutto sapere quello che vuoi e quello che sei, trasformando i propri limiti in punti di forza.
So che hai adottato due ratti, due ratti che ti hanno ispirato a scrivere “Storia di un ratto” che parla un po’ di te.
Due? All’inizio…poi sono diventati 8…una piccola colonia!
I ratti mi hanno ispirato per il testo di una canzone tanto sociale quanto utopistica.
“Storia di un ratto” parla in prima persona di un animale considerato, spesso senza ragioni e con grande superficialità, un reietto. I ratti hanno un enorme rispetto per la propria colonia e una empatia esemplare verso i loro simili, quindi è stato semplice scrivere un testo quasi di denuncia, mettendo sotto la lente la società umana vista con gli occhi di un ratto e farne venire fuori che non siamo poi tanto differenti da loro e che forse è la loro società a dover essere da esempio per noi.
L’8 maggio è uscito il tuo nuovo singolo “Maledetti anni 80”, parliamone.
Ho maledetto gli anni ’80 perché purtroppo non torneranno più.
Li ricordo come un periodo felice e spensierato, con i suoi giochi, la sua tv, e le sue musiche; poi ovviamente si cresce, non ci sono più solo giorni felici, si affrontano responsabilità e doveri finché ad un certo punto, dall’apice della massima protezione che hai da figlio e bambino, raggiungi l’apice della responsabilità diventando padre e, da un giorno all’altro, senti di nuovo quell’immensa felicità dentro di te. Un bel casino che ti scombussola la vita, insomma!
Progetti per il futuro?
Prima di tutto continuerò a scrivere; è il miglior modo per sfogarmi ed essere sempre zen!
Si continuerà a far uscire canzoni in attesa di poter ricominciare con i live. La scrittura e la produzione sono fasi belle nella vita di un musicista, ovviamente, ma i concerti sono un’altra cosa; si provano delle sensazioni che non puoi spiegare, ci si va in assuefazione!
Prima della crisi pandemica avevo cominciato con i live per la promozione del mio album e del singolo “Maledetti anni ’80” e spero quindi di poter riprendere presto e ancora più forte di prima!